Farina di frumento, spelta, farro piccolo, grano duro e grano tenero. Dietro una singola spiga c’è un mondo ampio e millenario, fatto di artigianalità e passione. Questa guida targata Pizzeria Fra Diavolo racconterà il mondo della farina, dalle origini storiche sino alle tecniche di coltivazione, passando attraverso la macinazione del chicco di grano e gli utilizzi dei vari tipi di farina di frumento.
Frumento: un accenno di storia
Il frumento, noto come grano e anticamente denominato triticum, è una pianta della famiglia graminacea, legata indissolubilmente allo sviluppo della storia sociale e umana della Terra. Una delle colture più antiche della storia, le prime tracce delle coltivazioni di grano risalgono al 12.000 A.C. nella regione della cosiddetta “Mezzaluna Fertile” che comprende vaste porzioni di territorio compreso tra la Palestina e l’Anatolia, circondate e bagnate dalle falde acquifere dei fiumi Tigri ed Eufrate. Rispetto ad altre colture, il grano ha bisogno di una cura maggiore e questo spinse le popolazioni dell’antichità a radicarsi in specifiche aree.
Farina di frumento e farina di grano: facciamo chiarezza
Qual è la differenza tra farina di grano e farina di frumento? Assolutamente nessuna!
Frumento e grano sono biologicamente la stessa pianta e i due termini sono soltanto sinonimi l’uno dell’altro.
Esistono invece cinque differenti tipi di grano:
- Grano duro (triticum turgidum durum)
- Grano tenero (triticum aestivum)
- Farro spelta (triticum spelta)
- Farro piccolo (triticum monococcum)
- Farro medio (triticum dicoccum)
Secondo le direttive CEE concernenti l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari, si definisce come farina di grano tenero:
Il prodotto ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano tenero liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità.
Quale è la differenza tra grano duro e grano tenero?
Il grano duro e il grano tenero si distinguono anzitutto a livello visivo. I chicchi di grano duro sono traslucidi, vitrei, molto compatti mentre i chicchi di grano tenero sono opachi e più morbidi al tatto. Una seconda differenza tra grano tenero e grano duro sta nell’utilizzo che se ne fa nel mondo del cibo.
Differenze nutrizionali tra grano tenero e grano duro
Analizzando i valori nutrizionali si può notare come la farina di grano duro sia leggermente più calorica della farina di grano tenero: 330 kcal per il grano duro e 321 kcal per il grano tenero su 100 g di prodotto. Interessante il dato legato ai lipidi, che sono quasi il triplo rispetto alla farina di grano duro, con 2.8 g di grassi contro il singolo grammo della farina di grano tenero. La farina di grano duro ha inoltre un minore indice glicemico.
Pasta, pane e pizza: cosa nasce dalla farina di frumento?
Se dal grano duro si ricava principalmente l’amata pasta e qualche prodotto da forno, come il pane di semola rimacinata, il mondo della panificazione adopera, invece, il grano tenero, che ha un’ulteriore classificazione in tre sottocategorie:
- grano tenero hard;
- grano tenero medium;
- grano tenero soft.
Il grano tenero hard si utilizza per gli impasti ad alta idratazione e lunga lievitazione ed è molto proteico; il grano tenero medium è il classico prodotto che si utilizza per gli impasti diretti, mentre il soft viene utilizzato nella piccola pasticceria (per esempio crostate o biscotti).
Forza della farina: cos’è e come misurarla
La forza della farina è determinante nella resa finale di ogni tipologia di impasto lievitato e si misura attraverso la capacità di assorbire l’acqua durante l’impastamento e di trattenere l’anidride carbonica durante la lievitazione. Ogni preparato necessita della sua farina, dunque. Ma quale usare? Soprattutto, come si riconosce la forza proteica della farina?
Controlla l’etichetta!
Il primo consiglio è di affidarsi alla tabella nutrizionale apposta sulle confezioni di farina, poiché riporta i grammi di proteine presenti su 100 g di prodotto. Più alte le proteine, maggiore sarà la forza della farina, migliore sarà la tenuta in un impasto che preveda svariate ore di lievitazione.
Il valore “W” e l’alveografo di Chopin
Esiste un metodo scientifico per definire la forza della farina. Si utilizza l’alveografo, inventato da Marcel Chopin, uno strumento in cui viene inserito un disco di impasto non lievitato che viene stressato attraverso un getto di aria compressa, per simulare il massimo climax di lievitazione e la capacità dell’impasto di trattenere il gas.
Sotto l’effetto di questa pressione, l’impasto viene condotto a un punto di rottura e si ottiene un alveogramma con allegati i valori P (pressione massima raggiunta) e L (estensione massima raggiunta).
Dividendo questi due valori si arriverà all’agognato valore W, l’unità di misura della forza della farina.
Generalmente, le farine con un W tra 310 e 370 servono per la produzione di grandi lievitati come panettone, pandoro, croissant; le farine con un W tra i 250 e i 310 sono usate nella panificazione ordinaria di prodotti con impasto sia diretto che indiretto; le farine con un W tra 250 e 160 per prodotti a impasto diretto e pasticceria lievitata; le farine con un W tra i 160 e i 90 per biscotteria e prodotti non lievitati.
Il ciclo di coltivazione del frumento
In Italia, la coltivazione di frumento è uno dei cardini dell’economia agroalimentare e, da Nord a Sud, sono tantissimi i territori vocati alla coltura delle brunite spighe, tali da rendere la nostra nazione la prima produttrice di grano duro nell’Unione Europea.
Generalmente, la semina del frumento avviene nelle prime settimane autunnali, per sfruttare il clima temperato che consente uno sviluppo ottimale del germoglio. Nel corso dei mesi invernali, la piantina resterà piccola e sembrerà quasi un campo di semplice erba. È con l’aumento delle temperature primaverili che inizia la fase di levata: si formano gli steli e la crescita in altezza continua progressivamente con l’aumento del calore.
La pianta di grano si presenta con uno stelo mobile e sinuoso, accompagnato da fogliame, al cui apice si trova la spiga che fiorisce nella tarda primavera; dopo un’adeguata maturazione ed essiccatura questa diventa dorata, pronta per la mietitura e soprattutto carica di tanti chicchi di grano.
Com’è fatto un chicco di grano?
Così piccolo, eppure ha un intero mondo dentro di sé: il chicco di grano misura tra i 6 e gli 8 millimetri di lunghezza e i 4 di spessore, ma ha ben tre sezioni distinte e ognuna di esse subisce una specifica lavorazione e ha un ruolo nella realizzazione della farina.
1. Pericarpo o crusca: la parte esterna del chicco di grano
La parte più esterna è il pericarpo, ricopre l’involucro del chicco e costituisce il 10% totale del peso del chicco. Il pericarpo è colloquialmente definito crusca ed è la parte ricca di cellulosa, vitamine e carotenoidi. La crusca viene eliminata durante le fasi di pulizia, in quanto può irrancidire il prodotto lavorato, ma se pretratta con tostatura, può essere aggiunta al mix della macinazione per ottenere ottima farina integrale.
2. La farina si ricava dall'endosperma!
L’endosperma o albume è la parte che incide sull’80% del peso del chicco ed è anche la più importante per quanto concerne l’uso alimentare del frumento. Estremamente pieno di amido, proteine e carboidrati e fibre alimentari solubili, l’endosperma è la sacca nutritiva della germinazione e viene macinato più e più volte sino a ottenere la tanto agognata farina di frumento.
3. Il cuore del chicco di grano: il germe
Il germe è la parte vitale del chicco di grano. Piccolo ma ricco di proteine, vitamine e grassi, il germe come la crusca viene eliminato durante la macinazione poiché può causare irrancidimento ma, se pretrattato adeguatamente, dona all’impasto elasticità e duttilità d’uso.
Dal chicco alla farina: la molitura del frumento
Il processo di macinazione che porta all’ottenimento della farina di frumento parte con la pulizia preliminare delle spighe, a cui segue una fase di stoccaggio nei silos per procedere poi con la lavorazione effettiva. Il primo step è il condizionamento dei chicchi di grano, che vengono umidificati con acqua a una temperatura di 35°-40° per ammorbidirli.
Il secondo passaggio è la pulitura minuziosa, che consiste nell’asportazione di impurità microscopiche come barbette, embrione e pericarpo attraverso la macchina spuntatrice-scortecciatrice e successiva aspirazione.
Con il terzo passaggio inizia la molitura del grano: l’endosperma viene passato nei cilindri o nei laminatoi che ruotano a diverse velocità, frantumando il chicco. La macinazione viene ripetuta finché non si raggiunge la granulosità desiderata per il prodotto finale e a ogni ciclo di macchinario segue una setacciatura per sgranare ulteriormente la farina.
La durata e l’intensità della macinazione dipendono anche dalla tipologia di grano che si lavora: se la base proteica del grano è bassa, si arriverà molto rapidamente a ottenere una farina raffinata di tipo soft.
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